quarta-feira, 27 de junho de 2018

Francesco Baracca

LINKIESTA
30 Giugno 2013

Francesco Baracca, eroe dei cieli o suicida?

Nel giugno 1918 veniva abbattuto.

(Alessandro Marzo Magno)

Gli eroi sono sempre giovani e belli, e fin qua ci siamo. E poi non si suicidano, altrimenti che eroi sarebbero (tanto più in un Paese cattolico, dove fino a qualche tempo fa ai suicidi veniva negata la sepoltura in terra consacrata). E da questo punto di vista Francesco Baracca potrebbe avere qualche problemino.

L'eroe, l'asso dell'aviazione italiana prima ancora che l'Aeronautica fosse stata inventata (Baracca, come molti piloti, era un ufficiale di cavalleria, al tempo si pensava che duellare nell'aria fosse un po' come duellare lancia in resta in sella a un destriero), con 34 vittorie al suo attivo, quel 19 giugno 1918 forse non è stato ucciso da un aereo nemico, o dal proiettile sparato da un cecchino austroungarico, ma da un colpo della sua pistola, suicida per non morire arso vivo, orrida fine di molti, moltissimi, piloti.

Baracca quel giorno volava sul Montello, un salsiccione sopraelevato che domina un tratto del fiume Piave. Era in corso la battaglia del Solstizio, ovvero l'evento che ha davvero deciso le sorti della Prima guerra mondiale: l'Austria-Ungheria in quell'offensiva sul far dell'estate si era giocata il tutto per tutto. Aveva gettato sul Piave tutto quello che poteva (poco) contando di arrivare a Treviso in paio di giorni e a Venezia subito dopo. Ma Vienna non si rendeva conto che l'esito risultava minato fin dal principio, per due motivi: i contrasti tra i comandanti e perché le truppe erano - letteralmente - alla fame. Il fronte montano era affidato a Franz Conrad von Hötzendorf, ex capo di stato maggiore, rimosso dall'imperatore Carlo e mandato a comandare l'area del Trentino, dell'altipiano di Asiago e del Grappa. La pianura, invece, era assegnata a Svetozar Borojevic von Bojna - un serbo di Krajina - detto "il Leone dell'Isonzo" perché per due anni ha comandato il fronte meridionale, che gli italiani chiamano Carso e gli austriaci Isonzo, resistendo senza perdere troppo terreno a undici battaglie e vincendo quella decisiva, la dodicesima, che gli italiani conoscono come Caporetto. Conrad vuole attaccare in montagna, Boroevic in pianura (ognuno vuole la gloria per sé, ovviamente). Vienna invece di puntate sull'una o l'altra opzione, e concentrare tutte le proprie forze, decide di non scontentare nessuno dei prestigiosi comandanti (l'Austria è l'Austria) e quindi l'offensiva comincerà in montagna, tra l'Astico e il Piave, e poi, in caso di esito negativo, continuerà in pianura. Ovvero: le forze vengono disperse la battaglia è persa prima ancora di cominciare.

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Ma ora torniamo a Baracca. Gli austriaci nel settore del Montello erano riusciti a passare il Piave e avevano preso la cittadina di Nervesa. Gli aerei italiani mitragliavano i nemici a bassa quota. Lo Spad del maggiore Baracca cade in località Busa delle rane, un posto impervio e dalla vegetazione fittissima. Gli austriaci non se ne curano e gli italiani - che sanno chi era ai comandi dell'aereo colpito - raggiungono il corpo dell'asso solo alcuni giorni dopo, il 23, quando le truppe dell'imperatore erano ormai tornate al di là del Piave.

Baracca risulta essere stato ucciso da un colpo nell'incavo dell'occhio destro, alla radice del naso. Il punto è: partito da quale arma? L'abbattimento del velivolo era stato rivendicato sia dai piloti austriaci Arnold Barwig e Max Kauer, sia da un cecchino che aveva detto di aver sparato all'aereo dall'alto di un campanile, oppure potrebbe esser stato abbattuto da fuoco antiaereo, come avrebbero stabilito studi più recenti. Rimane però sempre in piedi l'ipotesi che si sia suicidato. Durante la Prima guerra mondiale i piloti non avevano paracadute («ne diminuirebbe l'ardimento», decretarono i generali più stupidi che la storia ricordi) e quindi, se non erano colpiti direttamente, erano destinati a una morte orrenda: bruciati vivi nell'aereo in fiamme. Baracca aveva scritto qualche tempo prima che non intendeva morire in quel modo e che, se fosse precipitato, si sarebbe sparato. Si dà il caso però che lo Spad con il cavallino rampante prenda fuoco solo in parte e il cadavere del pilota sia ritrovato intatto.

La pistola del maggiore di cavalleria divenuto aviatore non è nella fondina. Il foro di entrata del proiettile è nettamente più piccolo degli squarci provocati dai proiettili di mitragliatrice che hanno colpito e abbattuto l'aereo. Ma il più fulgido eroe italiano non può essersi suicidato: il suicidio, nella mentalità di allora, è un atto di vigliaccheria, non di eroismo, quindi si dà inizio a una grande operazione di propaganda per nascondere la verità. Baracca, già celebrato in vita, da morto viene quasi santificato. Ai funerali, a Lugo di Romagna, suo paese natale, partecipa l'erede al trono, e subito comincia la costruzione del mito che dura ancora ai giorni nostri, con strade, piazze e persino stadi (a Mestre) e squadre di calcio (il Baracca Lugo) dedicate all'eroe caduto in battaglia.

Studi recentissimi mettono in forse anche la tesi del suicidio, la ferita sulla fronte non sarebba di arma da fuoco, ma da impatto. Ovvero Baracca sarebbe riuscito in qualche modo ad atterrare, avrebbe preso un colpo tremendo sotto l'occhio, sarebbe riuscito a uscire dalla carlinga e ad allontanarsi dall'aereo prima che bruciasse, per poi morire poco lontano, probabilmente a causa di un'emorragia interna. Tante ipotesi, nessuna certezza. Quel che accadde davvero sul cielo del Montello 95 anni fa rimane ancora un mistero.

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A Pinerolo, dal 1909 al 1910, Francesco Baracca frequenta la scuola di cavalleria presso il 2° Reggimento "Piemonte Reale" fondato nel 1692 dal Duca di Savoia col motto "Venustus et Audax". Si tratta di uno dei più prestigiosi reparti dell'esercito italiano e come stemma araldico porta il cavallino rampante argenteo su campo rosso, guardante a sinistra e con la coda abbassata.

Francesco Baracca sceglie di adottare, apportando delle varianti, lo stesso stemma del "Piemonte Cavalleria" quale emblema personale per rivendicare le personali origini militari e l'amore per i cavalli.

Il cavallino non appare sui primi aerei pilotati dall'Asso degli assi, ma solo a partire dal 1917 quando viene costituita la 91^ Squadriglia Aeroplani, reparto che avrà in dotazione i più recenti caccia forniti dall'alleato francese: il Nieuport 17 ed alcuni SPAD VII e XIII. Sul lato destro della fusoliera di questi velivoli i piloti usano applicare le loro insegne personali e Baracca adotta come proprio questo cavallino rampante mutandolo da argenteo in nero per farlo spiccare maggiormente rispetto al colore della fusoliera.

E' ormai provato che il cavallino è sempre stato nero, però guardante verso destra, come è testimoniato da un pannello multistrato dipinto, esistente nelle collezioni, sicuramente antecedente la morte di Baracca.

A Ravenna, quando Enzo Ferrari, il 16 giugno 1923, guidando l'Alfa Romeo RL-Targa Florio insieme a Giulio Ramponi, vince il primo Circuito del Savio, incontra il conte Enrico Baracca, padre di Francesco, già conosciuto qualche tempo prima a Bologna. Da quel secondo incontro, come lo stesso Ferrari scrive il 3 luglio 1985 allo storico lughese Giovanni Manzoni, nasce quello successivo con la madre, contessa Paolina Biancoli. "Fu essa a dirmi un giorno" - scrive il costruttore di Maranello - "Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna" (...) "Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori con cui mi affidano l'emblema" - conclude Ferrari - "Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena."

Secondo autorevoli testimonianze, all'origine della scelta di Enzo Ferrari, vi sarebbero l'amore per la poesia di Giovanni Pascoli e la sua ammirazione per la figura di Baracca, maturata nel corso dell'adolescenza.

Dopo aver corso per la casa del Portello, nel 1927 Ferrari ne diviene concessionario per l'Emilia-Romagna e le Marche, con sede a Modena. Per due anni Ferrari vende auto, organizza corse e pilota egli stesso quelle vetture: auto sulle quali non appare ancora il mitico cavallino, che si legherà inscindibilmente al nome di Enzo Ferrari dal 1929 con la nascita della scuderia Ferrari e l'adozione del cavallino quale proprio simbolo. L'effettiva comparsa sulle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari avviene solamente il 9 luglio 1932 alla 24 ore di Spa-Francoschamps in Belgio.


Fontes:
http://www.linkiesta.it/it/article/2013/06/30/francesco-baracca-eroe-dei-cieli-o-suicida/14743
http://www.museobaracca.it/Il-Cavallino-Rampante

Mais:
http://www.youtube.com/playlist?list=PLrWPsj6fVbeVoUzfzT_H7niWWuwSjOImA
http://www.istrit.org/download/Francesco_Baracca.pdf
http://www.avia-it.com/1_Baracca/Baracca_Memorie.pdf